AZOTO ALFA AMMINICO E INTEGRAZIONE CON SALI AMMONIACALI

Un tema importante quando si dà principio ad una fermentazione è il tenore di azoto disponibile per il lievito presente nel mosto (APA = azoto prontamente assimilabile; YAN in inglese): l’APA è dato dall’azoto alfa amminico e dall’azoto ammoniacale: in letteratura si considera necessario un tenore di APA pari a 200 mg/L espresso come azoto atomico (N); nei vini a carattere fruttato è preferibile un tenore prossimo a 250 mg/L. Nei vini tiolici il tenore in APA ideale è addirittura superiore a tale soglia. La parte alfa amminica è solitamente il 60 – 70% dell’APA, mentre la parte ammoniacale è circa il 30 – 40%. Quindi su un con APA pari a 200 mg/L di azoto (N) avremmo 130 mg/L di azoto alfa amminico e 70 mg/L di azoto ammoniacale.

Il tenore in azoto alfa amminico è di fondamentale importanza per lo sviluppo di molti metaboliti da parte del lievito.

I mosti che derivano da uve esposte al calore e alla siccità hanno un basso tenore in azoto alfa amminico, che decresce quando il grado alcolico potenziale supera i 13%; si può affermare che un tenore in azoto alfa amminico inferiore a 80 mg/L sia fortemente insufficiente ai fini di un corretto profilo aromatico. È possibile integrare l’azoto alfa amminico con prodotti enologici (derivati di lievito), ma ai normali dosaggi (20 – 40 g/hL) l’effetto è di portare un incremento molto modesto (si possono fornire nella migliore delle ipotesi 20 mg/L). Nel caso in cui ci sia una forte carenza di azoto alfa amminico, la sola aggiunta di derivati di lievito non permetterà di sfuggire al rischio di fenomeni riduttivi.

Tali fenomeni riduttivi occorrono quando il lievito decompone tutti gli amminoacidi (alfa amminico diviene pari a zero): in questa fase il lievito utilizza completamente gli amminoacidi solforati, al fine di ottenere amminoacidi più semplici, come l’alanina, che è un amminoacido dal quale il lievito può creare altri amminoacidi più complessi utili al suo metabolismo.

Dalla decomposizione degli amminoacidi solforati si libera nel vino l’idrogeno solforato ed il metantiolo (odore di uovo marcio, aglio), con effetti negativi sulla componente aromatica del prodotto.

Si può ovviare a questo rischio aggiungendo azoto sotto forma ammoniacale, come il fosfato diammonico, o il solfato ammonico.

In linea di massima però una aggiunta di questi sali è sempre rischiosa se non si monitora il tenore di azoto ammoniacale durante la fermentazione alcolica. Potremmo dire che la regola è che non deve esserci mai azoto ammoniacale residuo a fermentazione ultimata. È bene notare che l’azoto ammoniacale viene utilizzato dal lievito solo quando il tenore in zuccheri è maggiore di 60 g/L: è dunque sbagliato fare aggiunte di azoto ammoniacale (sali) al di sotto di questo livello.

Al fine di ottenere vini puliti è consigliabile fare piccole aggiunte di sali, monitorando il consumo dell’azoto ammoniacale. I sali vanno aggiunti quando l’azoto alfa amminico è sotto i 20 mg/L e l’azoto ammoniacale è a zero mg/L. Se alla fine della fermentazione rimane un tenore di azoto ammoniacale superiore ai 20 – 30 mg/L è alto il rischio della formazione di urea, molecola che è un precursore del carbammato di etile. Questo composto è assolutamente negativo per la salute e quindi va scongiurata la sua presenza nel prodotto immesso in commercio.

In conclusione: la siccità ricorrente e le estati sempre più calde rendono le uve non irrigue molto zuccherine, povere in APA e povere in acido acido L-malico che può arrivare sotto 1 g/kg uva in varietà come il Pinot Grigio e Nero, nonché il Merlot; il lievito deve essere supportato con un dosaggio sempre maggiore di sali ammoniacali (meglio se tiaminati), poiché è impossibile (e antieconomico) fornire tenori importanti (60 – 100 mg/L di N) con l’aggiunta di estratti di lievito (servirebbero teoricamente 100 g/hL!)

Si osserva a questo punto uno squilibrio tra la fonte alfa – amminica e la fonte ammoniacale (NH4+): quest’ultima diviene maggioritaria, mentre dovrebbe essere minoritaria. Ecco che uve critiche daranno vini con una aromaticità minore, poiché l’azoto ammoniacale non fornisce aromi, mentre l’alfa amminico produce esteri acetici o alcoli aromatici (es il beta-fenil-etile).

Quindi è necessario comprendere come il prodotto enologico può dare una mano ad evitare fenomeni riduttivi o arresti fermentativi, ma solo il monitoraggio dell’azoto alfa amminico già sulle uve può darci un’idea del potenziale quadro aromatico delle uve.

 

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GLI ACIDI GRASSI DEL LIEVITO: STRUTTURA E CARATTERISTICHE

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