Solforosa e pH
La mia esperienza mi ha insegnato che l’anidride solforosa viene utilizzata male specialmente nelle prime fasi della vinificazione. Le uve maturano con clima sempre più caldo e sulla pruina si selezionano specie microbiche termofile. Questi nemici del vino amano sempre i pH alti. Addizionare 10 g/quintale di metabisolfito al momento della pigiatura sarebbe completamente inutile se non fosse anche dannoso per la salute del consumatore.
L’anidride solforosa estrae tannini e catechine dalle bucce bianche, che poi andranno asportati con chiarifiche, abbassando la qualità del prodotto. Sostituire alla solforosa additivi quali i tannini o l’acido ascorbico è un palliativo che può mettere a posto la nostra coscienza ma non sistema la situazione microbiologica. Solamente l’acidificazione dei mosti può porre una efficace barriera contro i batteri lattici e lieviti non Saccharomyces (tra cui Brettanomyces).
Saccharomyces cereviasiae può lavorare molto bene senza presenza di solfiti nel range di pH tra 2,90 e 3,10, dove le specie nocive si non riescono a sviluppare.