LA NUTRIZIONE DEI LIEVITI FAVORISCE I BATTERI

La nutrizione azotata in enologia è una pratica consolidata che mira ad ottenere un vino più pulito, tuttavia essa può portare a dei paradossi nello stato nutrizionale del vino finito e in definitiva a delle alterazioni nelle sue caratteristiche organolettiche.

La fermentazione alcolica viene svolta dal lievito Saccharomyces cerevisiae e dalle sue sottospecie con il totale esaurimento del D-glucosio e del D-fruttosio presenti nel mosto. I lieviti, nella fase iniziale della fermentazione alcolica, introducono nel citoplasma la totalità dell’azoto presente nel mosto. Due sono le forme dell’azoto: il catione ammonio e gli amminoacidi. Negli amminoacidi, l’azoto è situato in posizione C2 rispetto alla posizione C1 del carbonio funzionale (gruppo carbossilico): questo azoto è comunemente chiamato α-amminico, o 2-amminico.

Se monitoriamo l’andamento dell’azoto ammoniacale (catione ammonio), notiamo che già pochi giorni dopo l’inoculo del lievito il suo valore è pari a 0 mg/L, mentre l’azoto α-amminico ha una discesa più lenta e raramente il suo tenore arriva a 0 mg/L, bensì si assesta su concentrazioni di 15 – 20 mg/L.

Con il proseguo della fermentazione se il tenore in azoto ammoniacale rimane 0 mg/L (ovvero non vi sono incrementi esogeni), il tenore dell’azoto α-amminico scende al di sotto dei 20 mg/L in quanto il lievito cerca nella frazione dell’azoto α-amminico le fonti azotate e intacca gli amminoacidi L-cisteina e L-metionina, nella cui formula è presente un atomo di zolfo.

L'utilizzo da parte del lievito degli amminoacidi L-cisteina ed L-metionina porta alla liberazione di idrogeno solforato (dalla L-cisteina) e di metantiolo (dalla L-metionina).

L’enologo teme queste due molecole (idrogeno solforato e metantiolo): al fine di evitarne la formazione fornisce al lievito, durante la fermentazione, vari tipi di attivanti quali (NH4)2HPO3 e - negli ultimi tempi - attivanti di matrice micetica che forniscono il cosiddetto azoto organico (α-amminico). Ma questa nutrizione può lasciare residui di azoto organico nel vino finito se fornita in quantità eccessiva.

Per eliminare il rischio di formazione delle molecole maleodoranti (idrgeno solforato e metantiolo), l’enologo rischia di incrementare il substrato utile ai batteri lattici e con ciò aumenta esponenzialmente la possibilità di una loro proliferazione incontrollata. L’aggiunta del catione ammonio (NH4)+ porta ad un incremento proporzionale degli amminoacidi prodotti dal lievito: la via catabolica 2-osso-glutarico produce l’amminoacido L-glutammato per addizione dell’(NH4)+ al C2 dell’acido 2-osso-glutarico. 100 mg/L di DAP forniscono 20 mg/L di ammonio (NH4)+ e danno origine ad un amminoacido del peso molecolare di 147 dalton (acido L-glutammico), incrementando così di circa 200 mg/L il tenore in amminoacidi del lievito. Amminoacidi che nel lievito resteranno pochi giorni e passeranno quindi al mosto-vino divenendo un substrato per l’ instabilità batterica.

Sovente l’enologo aggiunge 40 – 60 g/hL di DAP ((NH4)2HPO3) nel corso della fermentazione alcolica creando, a sua insaputa, degli amminoacidi in funzione di circa 10 volte il tenore del catione ammonio che introduce con il fosfato diammonico (NH4)2HPO3).

Gli amminoacidi che derivano dall’apporto di DAP ((NH4)2HPO4) non producono un immediato incremento di azoto α-amminico nel mezzo. Questo perché sono incamerati nella cellula del lievito dove vanno a costituire una moltitudine di molecole: dagli acidi nucleici agli apoenzimi ai coenzimi, per citare composti noti a molti operatori.

Tuttavia, non appena il grado alcolico supera un certo tenore (> 8%), la prima generazione dei lieviti muore e di conseguenza si degrada, liberando gli amminoacidi derivanti dalla decomposizione delle proteine di membrana e degli apoenzimi. In conseguenza di ciò l’azoto α-amminico inizia a divenire disponibile per i batteri: il tenore in azoto α-amminico, nel momento in cui il mosto supera la soglia di 8% in titolo alcolometrico, cresce in pochi giorni da 20 mg/L a 60 mg/L, a condizione che la temperatura del mezzo si mantenga al di sopra dei 15°C.

I batteri non sono molto esigenti in termini di azoto α-amminico: 20 mg/L possono essere sufficienti per permetterne la sopravvivenza in concomitanza con la fermentazione tumultuosa. Con il procedere della fermentazione alcolica, l’aliquota di lieviti morti diviene predominante e in condizioni termiche favorevoli (>15°C, > 8% alcol) i lieviti morti liberano l’azoto α-amminico. È in questa fase che la popolazione batterica trova le condizioni ideali per la propria crescita. A 40 mg/L di azoto α-amminico, con pH maggiore di 3,20 e grado alcolico potenziale < 13,5%, la proliferazione batterica va data per certa. Occorre puntualizzare che stiamo considerando un mezzo nel quale il tenore di solfiti totali sia inferiore a 80 ppm.

A 60 mg/L di azoto α-amminico, nelle condizioni sopra indicate (temperatura e solfiti), la fermentazione malolattica si innesca se il grado alcolico effettivo è < 14,5%.

Purtroppo, ancora oggi, in molte cantine la microbiologia è considerata materia accessoria; è infatti piuttosto raro l’utilizzo del microscopio, pratica che permette di individuare in tempo reale la presenza di batteri lattici nel vino.

Ci si limita invece ad osservare l’eventuale comparsa di acido L(+)lattico, dipendendo in questo modo da una analisi a posteriori, che indica l’avvenuto innesco della fermentazione malolattica.

Due sono quindi le pratiche volte a evitare lo svolgersi della fermentazione malolattica

  1. Mantenere al livello più basso possibile l’azoto α-amminico, monitorandolo non solo durante la fermentazione, ma anche nella fase post-fermentativa.

  2. Valutare con microscopio la presenza di batteri lattici che sono conseguenza diretta del tenore in azoto α-amminico via via crescente dopo la fine della fermentazione alcolica.

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LIEVITI E MITOCONDRI IN SOLUZIONI ZUCCHERINE